Il settore della logistica ha da anni un ruolo centrale per supportare l’economia: per capire il suo grande valore economico basti pensare che trasporti e logistica contribuiscono al 12% del PIL mondiale. Anche le previsioni per il futuro sono promettenti: si attende una crescita del mercato da 9 a 12 trilioni di dollari entro il 2027.
Tuttavia, la logistica ha anche dei costi elevati: nelle economie dove le infrastrutture sono più carenti, il costo di questo settore può arrivare fino al 25% del PIL. Negli ultimi anni, inoltre, il settore è stato messo alla prova da numerose crisi: la carenza di autotrasportatori, il COVID-19, la guerra in Ucraina e persino la Brexit per quanto riguarda la logistica europea.
Ma, si sa, è dalle crisi che nascono opportunità: andiamo a scoprire quali sono i nuovi scenari che si apriranno nel 2023 per chi lavora nel settore della logistica e trasporti.
Ridefinizione delle supply chains
Fino al 2020 il modello della logistica era il cosiddetto “just-in-time”, un modello di origine giapponese basato sulla riduzione delle scorte in magazzino. Il vantaggio è evidente: ridurre le scorte significa meno spazio occupato in magazzino, e di conseguenza il risparmio di costi di stoccaggio.
Tuttavia, questo modello dipende dall’approvvigionamento continuo: i fornitori devono consegnare in continuazione affinché la produzione possa continuare.
La pandemia e la guerra in Ucraina hanno mostrato le criticità di questo sistema: il sistema globale di approvvigionamento è talmente interconnesso, che viene messo in crisi da problemi locali. Gli effetti si sono ripercossi su tutta la filiera logistica, con l’aumento dei noli dei container, l’allungamento dei tempi di consegna, e il conseguente aumento dei costi di spedizione.
Per il 2023 e gli anni a venire uno degli scenari previsti è dunque la ridefinizione delle supply chains, con la fine del modello just-in-time e l’incremento delle scorte di sicurezza. Di conseguenza, si prospetta la crescita del mercato della logistica immobiliare e del magazzinaggio.
Ridurre le filiere: reshoring e friendshoring
Abbiamo visto come problemi locali rischiano di compromettere la supply chain a livello globale. Per risolvere questo problema, alcune grandi aziende stanno iniziando ad attuare la strategia di rimpatriare gli investimenti: è il cosiddetto reshoring, riportare la produzione estera a casa, anche con l’obiettivo di ridurre i costi di trasporto.
Tuttavia, non sempre si può produrre qualsiasi componente o merce nei paesi occidentali. In questi casi una soluzione è il friendshoring: spostare la produzione in paesi “amici”, paesi culturalmente, ideologicamente o politicamente più vicini all’occidente, o con una filiera produttiva più evoluta dal punto di vista tecnologico.
Chi attua una strategia di reshoring e friendshoring può risolvere il problema dell’approvvigionamento di materie prime, diminuire i tempi di distribuzione, migliorare l’efficienza dei trasporti, e diminuire la dipendenza da paesi esteri di prodotti di base. Nonostante innumerevoli vantaggi, questa strategia rischia però far nascere altre criticità: una su tutte è l’aumento dei prezzi, dovuto in parte al rientro in un mercato dove il costo del lavoro è più alto.
È ancora difficile capire come e dove il reshoring e friendshoring andranno ad impattare il settore della logistica e dei trasporti. In Europa si prevede che il bacino del Mediterraneo diventi uno dei luoghi strategici: uno scenario che vede l’incremento di produzione nella sponda africana e asiatica del Mediterraneo può aprire molte opportunità quali il miglioramento delle infrastrutture di trasporto tra Nordafrica e Asia e il sud dell’Europa, e da qui verso il resto dei paesi europei.
E-commerce in crescita vertiginosa
Raggiungere con facilità mercati internazionali, e avere a disposizione una scelta vasta e a prezzi competitivi: è chiaro sia ad aziende che consumatori come l’e-commerce sia un’opportunità vantaggiosa.
Che le transazioni online siano in crescita è ormai noto. Tra il 2019 e il 2021 si è passati dal 15% al 21% delle vendite al dettaglio totali, e la crescita non sembra in procinto di arrestarsi. Anzi, secondo uno studio di Morgan Stanley Research, il mercato potrebbe passare dai 3,3 trilioni di dollari attuali ai 5,4 trilioni di dollari del 2026.
L’incremento della domanda e offerta nel settore dell’e-commerce significa senza dubbio un aumento per la domanda di logistica: proprio per questo motivo, anche durante la pandemia Covid-19 si è registrata una crescita delle assunzioni nel settore della logistica.
Emerge anche la possibilità di uno sviluppo ulteriore della Logistica 3PL, la logistica conto terzi. Questo processo avviene quando le aziende affidano a fornitori esterni le attività di logistica, stoccaggio, preparazione degli ordini e trasporto, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza e ridurre i costi. Sempre più aziende scelgono questo sistema: se nel 2021 il mercato della logistica 3PL valeva oltre 956,80 miliardi di dollari, e si prevede che raggiunga nel 2030 i 1.998,73 miliardi.
L’incremento degli e-commerce avrà anche conseguenze sulla logistica dell’ultimo miglio: per approfondire questo aspetto, leggi il nostro articolo.
Logistica e transizione energetica
Con hard-to-abate si indicano quelle emissioni che sono difficili da abbattere a causa di costi elevati o di tecnologie non ancora mature. Questa criticità riguarda in particolar modo l’industria pesante e il trasporto merci, che è colpevole per il 42% delle emissioni del settore trasporti, e il 9% di quelle globali.
Ridurre le emissioni della logistica è una sfida che non ha soluzioni immediate, ma è vitale per porre un freno al cambiamento climatico. In particolare, si stima un incremento del trasporto merci di 2,6 volte dal 2015 al 2050. Questo significa che le azioni di riduzione delle emissioni che vengono al momento messe in atto non riusciranno a contrastare l’aumento delle emissioni dovuto all’incremento dei trasporti.
Quello della decarbonizzazione della logistica è un argomento spinoso e per molti si tratta di una missione impossibile. Una visione meno catastrofista emerge dal report ETC Mission Possible, che individua alcune strategie per ridurre le emissioni del trasporto su strada, che incide sul 44% delle emissioni del settore trasporto merci. Le azioni proposte includono:
- Gestire la domanda in maniera più efficiente e spostare le merci dai camion ai treni e alle navi
- Migliorare l’efficienza energetica dei motori e l’aereodinamica
- Investire sulle tecnologie di decarbonizzazione per ridurre i costi e sviluppare le infrastrutture di rifornimento
Nel breve termine, tuttavia, il trasporto su ruota rimane fondamentale soprattutto in quei paesi dove l’industria è capillare, e dove è difficile raggiungere tramite rotaia i piccoli poli produttivi. In questi casi l’utilizzo di veicoli elettrici per i trasporti brevi, anche grazie ad una politica di incentivi, potrebbe portare a significative riduzioni delle emissioni.
Anche la logistica 4.0 e l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle catene di approvvigionamento potrà aiutare a predire i comportamenti, anticipare la domanda e permettere di programmare meglio i trasporti, riducendo viaggi ed emissioni.
È ancora da vedere se queste soluzioni siano attuabili nei prossimi anni. Bisogna anche considerare che una visione olistica della logistica implica che la riduzione delle emissioni può avvenire solo insieme a un cambiamento culturale e nel modo di fruire beni e servizi. Abbiamo parlato di un aumento della domanda di logistica: eppure, per il bene del pianeta, servirebbe una riduzione della domanda per il trasporto merci, cioè una limitazione del traffico di merci: una politica che attualmente non sembra nelle corde di quasi nessun paese europeo.
Fonti
https://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/studio_conftrasporto.pdf
https://www.energy-transitions.org/wp-content/uploads/2020/08/ETC_MissionPossible_FullReport.pdf